LA PARTECIPAZIONE ITALIANA NELLE OPERAZIONI ODYSSEY DAWN – UNIFIED PROTECTOR IN LIBIA NEL 2011 di Christian Pettenà
Trapani Birgi, 31/03/2011: parte della linea di volo dei Tornado, in primo piano MM7054/50-40 un ECR del 155° gruppo del 50° Stormo. Foto: Massimo Baldassini.
a Massimo.
PREMESSA STORICA
All’inizio del 2011 una serie di contestazioni nei paesi nord africani da inizio Alla cosiddetta “Primavera Araba”, anche la Libia non è indenne tanto che il massimo della protesta raggiunge il culmine il 17 febbraio, quando alcuni partiti di opposizione al governo di Gheddafi organizzano a Bengasi la «giornata della collera» contro il regime a seguito dell’arresto dell’attivista per i diritti umani, Fethi Tarbel. La protesta viene repressa nel sangue dalle forze di sicurezza, provocando tra i 10 e i 20 morti. Altre manifestazioni si tengono nei giorni successivi seguite da violente repressioni. I fatti spingono l’ONU a deliberare la risoluzione 1970 e 1973 con le quali viene richiesto al paese Africano una immediata cessazione delle rappresaglie contro i civili, l’embargo navale e la determinazione di una No Fly zone (NFZ) sul territorio Libico.
La forza aerea Libica (LARAF: Libyan Arab Republic Air Force) al momento dell’inizio dell’intervento conta come operativi una trentina di SU-22 Fitters, una manciata di Mig 23 Flogger (recentemente ammodernati), più un numero non precisato di velivoli SU-24 Fencers e Mirage F1 ed una ventina di esemplari di elicotteri d’attacco MI-24 Hind.
INIZIO DELLA OOD (Operation Odyssey Dawn)
Una prima forza (detta dei volenterosi) inizia le operazioni belliche contro la Libia. Ogni nazione partecipante battezza l’intervento con un proprio nome: Ellamy per il Regno Unito, Mobile per il Canada, Freedom Falcon per il Belgio e Harmattan per la Francia. Sarà definitivamente chiamata Odyssey Dawn ( si chiamava già così per gli Stati Uniti d’America, la Danimarca, la Norvegia e l’Italia) dal momento in cui gli USA, tramite l’AFRICOM, prendono la guida della campagna. Gli eventi non hanno colto i “volenterosi” impreparati. Già dal 9 marzo la Nato aveva in volo 24h sul Mediterraneo un Boeing E-3 Sentry mentre 4 Mirage F1 CR francesi effettuavano delle missioni di ricognizione dalla base aerea di Solenzara.
Quando a metà marzo gli eventi sembrano portare inevitabilmente verso l’opzione militare, gli americani mettono a disposizione un loro comando da poco costituito: l’AFRICOM (collocato a Ramstein in Germania). Dopo vari consulti parte l’operazione “Odyssey Dawn” che raccoglie tutte le forze in campo. La coalizione dei volenterosi ora ha una guida USA. Gli Stati Uniti, anche se in prima linea, non dimostrano troppo interesse, anzi sperano che l’Unione Europea possa risolvere la situazione. l’Italia sostiene con forza il ruolo centrale della NATO, mentre Francia e Gran Bretagna, che da poco hanno siglato un accordo per la difesa e sicurezza, sono di altro avviso. La Francia tra l’altro ha già attivato un centro di comando e controllo “ad hoc” ben prima che si delineassero gli accordi internazionali.
L’intervento militare vero e proprio inizia il 19 marzo ad opera d’alcuni paesi aderenti all’Organizzazione delle Nazioni Unite autorizzati dalla risoluzione Hyperlink la quale sanciva una zona di interdizione al volo, sul Paese nordafricano, al fine di tutelare l’incolumità della popolazione civile dai combattimenti tra le forze lealiste fedeli a Mu’ammar Gheddafi e le forze ribelli nell’ambito della prima guerra civile libica.
L’intervento, inaugurato dalla Francia, è cominciato con un attacco aereo diretto contro le forze terrestri di Gheddafi attorno a Bengasi. Una ventina i velivoli coinvolti tutti decollati dalle loro basi di provenienza: (8 Rafale dalla base di Saint Dizier BA113, (2/6) Mirage 2000-5 della base aerea di Dijon, 2 Mirage 2000D della base aerea di Nancy, 6 C 135 tanker della base di Istres BA e 1 E-3F Awacs, con l’appoggio marittimo delle fregate D615 FS Jean Bart e D620 FS Forbin.
L’attacco seguito, qualche ora più tardi, dal lancio di missili da crociera tipo “Tomahawk” da navi militari statunitensi (110 missili lanciati). Presenti nel Meditterraneo USS Stout (DGG-55) USS Barry (DDG52); sottomarini USS Providence (SSN-719), USS Scracton (SSN-756) e USS Florida (SSGN-728). Anche unità navali britanniche partecipano all’offensiva, sono 12 i missili lanciati dal sottomarino HMS Triumph su obiettivi strategici in tutta la Libia mentre velivoli Tornado GR4 della RAF decollati dalla base di Marham che hanno volato ininterrottamente per 3000 miglia (3.800 km) per colpire obiettivi con missili Storm Shadow nella notte tra il 19 e 20 marzo.
Il secondo giorno vengono coinvolti F-16CJ del 52nd FW basato a Spaghdalem (D), F-15E del 48th TFW di Lakenheath (UK), EA-18Gs appartenenti al VAQ-132 al loro primo impiego operativo, AV-8Bs dell’USMC del 26th Marine Expeditionary Unit imbarcati sulla USS Kearsarge. EC-130j del 193rdSOW (Special Operation Wing) rischierato a Sigonella e utilizzato per missioni PSYOPS (psicological operation) nello specifico operavano trasmettendo messaggi in arabo e inglese per persuadere alcuni civili a imbarcarsi per il mare. Il velivolo a pilotaggio remoto RQ-4B Global Hawks rischierato in maniera permanente a Sigonella partecipa nel ruolo di BDA (Battle Damage Assesment).
Il 21 marzo la Norvegia comunica l’intenzione a partecipare all’operazione, mentre velivoli spagnoli e belgi hanno già volato le prime missioni operative. Gli Emirati arabi Uniti dichiarano che il loro coinvolgimento sarà solamente per aiuti umanitari, stessa posizione viene assunta dalla Turchia.
Nella tarda giornata del 21 marzo il serial 91-0304/LN F-15E del 492ndFS basato a Lakenheath, e rischierato ad Aviano, a seguito di un malfunzionamento precipita in Libia. L’equipaggio, lanciatosi con successo, è atterrato in zone diverse. Un membro dell’equipaggio è atterrato nella parte occupata dai ribelli, mentre l’altro militare in zona lealista. Per il recupero è stata preparata una CSAR task force partita dalla USS Keersage composta da 2 AV-8B Harriers, 2 MV-22 Osprey e 2 CH-53 Super Stallion. Bombe da 2500 libbre sono state poi lanciate sul relitto dell’aereo per distruggerlo completamente.
Gran parte degli attacchi effettuati nei primi giorni dagli alleati sono concentrati su strutture contraeree, mezzi militari e carroarmati ma soprattutto contro l’aeronautica libica e relative infrastrutture. Il giorno 23 marzo un comunicato ufficiale rendeva noto “la morte” della LARAF. Rimaneva, invece, la minaccia di postazioni mobili riscontrate durante le prime operazioni svolte dalla RAF. Indicativamente si potevano ipotizzare la presenza di 20.000 SAMs (MANPADS) in tutto il territorio della Libia inclusi gli SA-24 grinch che, anche se datati, potevano rappresentare una serio pericolo. Oltre al Grinch erano sicuramente a disposizione del regime anche missili a lungo raggio SA-5 Gammon e missili a medio-corto raggio come SA-6 Gainful, SA-8 Gecko, SA-9 Gaskin, e il francese Crotale.
Nella giornata del 23 marzo si delinea la direzione delle operazioni ad un comando unitario della NATO. La missione prenderà il nome di Unified Protector (OUP), la quale implementa le risoluzioni ONU per la protezione dei civili libici, escludendo comunque l’occupazione territoriale. Comandante dell’Operazione è il Lieutenant-General Charles Bouchard della RCAF (Royal Canadian air force). La sede del Comando è costituita all’interno dell’ Allied Joint Force Command a Napoli. Altri paesi entrano a far parte di assetti navali e aerei (Bulgaria, Romania, Turchia e Grecia,) mentre nelle operazioni di boombardamento partecipano Belgio, Canada, Francia, Norvegia, Danimarca e UK. Grandi assenti l’aviazione tedesca e polacca, a differenza delle forze aeree di Kuwait e Giordania messe a disposizione dai relativi governi al fine di collaborare attivamente nella coalizione.
Vengono stabile le regole d’ingaggio per tutte le imbarcazioni presenti nel teatro, in modo da far rispettare l’embargo e prevenire il possibile traffico di armi. A disposizione della NATO ci sono 16 navi tra le quali due greche F451 Limnos e F456 Themistoklis .
Le tedesche F214 FGS Lubeck e A53 FGS Oker, le italiane A4326 Nave Etna e la la C551 Nave Garibaldi, e la canadese FFH339 HMCS Charlottetown. Imbarcazioni turche si aggiungeranno dal giorno successivo (fregate TCG Giresun (F-491). TCG Gemlik (F-492)) già presenti nel Mar Meditterraneo.
I primi due mesi di operazioni senza essere arrivati ad un vero e proprio risultato Francia e UK intensificarono gli interventi utilizzando elicotteri, aumentando di fatto il rischio per i militari impegnati, ridotto in parte dall’utilizzo di droni.
Durante le operazioni belliche si tengono incontri a livello internazionale per dare in futuro politico stabile alla Libia (lbyan meeting). I ripetuti successi dei ribelli sulle forze lealiste e la riconquista di molte città fanno pendere la bilancia a favore dei primi. Con la cattura e l’uccisione di Mu’ammar Gheddaf nell’ottobre dello stesso anno terminano le operazioni militari in Libia.
Situata al centro del Mediterraneo, vicina alle coste libiche, L’Italia ricopre un ruolo strategico ed è luogo ideale per i rischieramenti della maggior parte delle forze in campo. Sette le basi coinvolte: Aviano, Sigonella, Gioia del Colle, Amendola, Trapani, Decimomannu e Pantelleria che vengono messe a disposizione dal governo Italiano per i rischieramenti dei diversi assetti: sia italiani che stranieri.
Trapani diventa la base dove si svolgono la maggior parte delle attività. Fin dall’inizio delle operazioni vengono rischierati diversi assetti: 5 Tornado ECR del 155°Gruppo ETS del 50°Stormo di Piacenza, Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi e alcuni velivoli Eurofighter.
La prima missione viene volata dai Tornado ECR (4 velivoli) + 2 Tornado IDS nel ruolo di rifornimento buddy buddy. Quattro velivoli F-16 del 18° Gruppo del 37° Stormo saranno invece impiegati come supporto aereo. Rischierati anche velivoli Eurofighter del 4° e del 36° Stormo.
Numeroso il personale impiegato nelle basi: anche in ruolo di comando infatti un generale italiano è distaccato presso la USS Mount Withney (LCC 20) sede del JFC (Joint Force Commander) come capo della “Targeting Division”. Un ruolo delicato quello dell’Ufficiale che consiste nello stilare e autorizzare la lista degli obiettivi da colpire che prevede una grossa responsabilità morale. Le decisioni prese passano all’AFRICOM (centro operativo della primissima Odyssey dawn) a Ramstein in Germania.
Il 31 marzo le operazioni passano sotto il comando della NATO, l’operazione viene denominata Unified Protector. La differenza sostanziale consiste nella ridefinizione della catena di comando e controllo. Al vertice vi è il Consiglio Nord Atlantico che fornisce la direzione politica al SACEUR(Supreme Allied Commander EURope) l’Adm. James Stavridis (USA). Da Casteau, in Belgio la catena di comando si snoda fino al Lt. Gen. Bouchard, comandante dell’operazione, che dal JFC (joint Force Command) di Napoli controlla le unità aeree e navali dell’operazione dirette direttamente dal Lt. Gen. Ralph Jodice (USA) dell’ACC (air Component Command) di Izmir (Turchia) e dall’ammiraglio di squadra navale italiano Rinaldo Vieri dell’AMC (Allied Maritime Command) di Napoli. La NATO coordina in tutto e per tutto gli aspetti delle missioni. Tramite il WOC (War Operation Centre) dove arrivano gli ordini che porteranno alle missioni. Le missioni SEAD accomunano le operazioni OOD e UOP, sebbene nelle prime fasi siano state neutralizzate molte delle strutture fisse del rais, nel territorio libico esistono molti SAM (Surface-to-Air Missile) mobili, difficilmente individuabili.
Il lavoro viene svolto nelle primissimi fasi solamente dal 155° ETS del 50° Stormo di Piacenza, visto il forfait della Germania che ha a disposizione l’altro gruppo in Europa con le stesse caratteristiche (la 321 Staffel del JaboG32). Il compito delle missioni consiste nel geolocalizzare al suolo emissioni elettromagnetiche in modo da permettere agli altri assetti di operare nel teatro escludendo questa minaccia. Queste missioni vengono suddivise con gli altri due squadron americani (F-16CJ 77th TFS dell’USAF e gli EA-18G Growler del VAQ 132). Le Pantere nere usciranno di scena il 20 giugno.
I Tornado del 6° Stormo sono stati impiegati durante la OOD per missioni AAR tramite il Buddy-Buddy pod, successivamente con l’operazione OUP invece sono stati utilizzati per missione di ricognizione compito svolto anche in passato in altri teatri , grazie al Recce-Lite Pod. IL 28 aprile i Tornado del 6° Stormo effettuano la prima missione di attacco al suolo. Viene utilizzato armamento ad alta precisione a guida GPS, JDAM (Joint Direct Attack Munitions) GBU-32, e a guida laser, GBU-16 Paveway e Storm Shadow.
Quattro F-16 del 18° Gruppo del 37° Stormo sono impiegati fin da subito nel ruolo “Air Defense Capability”. Montano missili AMRAAM AIM-120 versione C5e a guida infrarossa AIM_9L Sidewinder .Con la successiva OUP sono sostituiti dagli Eurofighter del 4° e del 36° Stormo. Una pausa che dura fino al 30 Aprile, dove ritorneranno ad effettuare missioni CAP (Combat Air Patrol) nella No-Fly Zone .Gli Eurofighter utilizzano sia missili AMRAAM che armamento a guida IR (IRIS-T) fino a metà giugno.
KC-130J sono utilizzati per fornire il rifornimento di carburante in volo. Dal 20 maggio impiegato anche il KC-767A in forza all’8° gruppo del 14° stormo di Pratica di Mare. Il velivolo è consegnato da poco all’Aeronautica Militare. Verso fine luglio Air Task Group di Birgi vede un nuovo attore prendere parte alle operazioni. Quattro velivoli 4 AMX ACOL passano sotto il controllo della NATO. I velivoli appartengono sia al 32° Stormo di Amendola che al 51° Stormo di Istrana. Svolgono missioni di ricognizione con il Recce Lite pod e con le bombe lizard da 500 libbre, sulle GBU-16 e sulle GBU-38 JDAM.
I velivoli della 46^ Brigata Aerea sono impiegate incessantemente per fornire supporto logistico, trasporto di materiale, missioni di rifornimento (AAR mission) e attività PSYOPS (Psycological Operations).
Dall’8 agosto viene impiegato anche il l’MQ-9A Predator B, serial IT09-140 del 28° Gruppo del 32° Stormo di Amendola. Effettuerà missioni ISR (Intelligence, Surveillance and reconaissance).
A fine settembre solamente 5 velivoli, probabilmente 4 AMX e un predator, restano a Birgi fino a fine delle operazioni.
L’ultima missione viene volata da una coppia di F16 del 18°Gruppo del 37 Stormo. Alle 15.50 del 31 ottobre atterrano sulla base di Trapani. In totale sono state volate 1900 sortite pari a 7.300 ore di volo.